Un grande personaggio considerato uno dei liutai più importanti di fine ottocento e primo novecento.
Nacque a Bazzano in provincia di Bologna il 28 settembre 1861. Anche suo padre Raffaele
era noto per il suo impegno e le sue capacità nella costruzione di strumenti ad arco anche se si era dedicato alla liuteria all’inizio solo saltuariamente. Era stato poi convinto da musicisti che lo apprezzavano molto e aveva
deciso di trasferirsi a Bologna nel 1668, di aprire bottega in via Castiglioni e di abbandonare la sua attività molitoria di tradizione familiare.
Alternò momenti di successo ad altri di difficoltà
ed è certamente per questo motivo che, pur apprezzando l’aiuto che sin da piccolo il figlio Giuseppe gli aveva dato in bottega, desiderava che egli si dedicasse ad altre professioni e cercò in ogni modo
di ostacolarlo nella sua scelta.
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Giuseppe invece era appassionato di liuteria, sin da giovanissimo vagheggiava di poter seguire le orme dei grandi liutai classici cremonesi e di Stradivari in particolare ed a lui si
deve la riaffermazione dell’importanza della liuteria italiana nel panorama internazionale e la diffusione della costruzione dello strumento ad arco secondo il metodo cremonese e stradivariano.
Teniamo
presente che in quel periodo il metodo della forma esterna o ” alla francese “ si era affermato in tutta Europa ed anche in Italia era seguito dalla quasi totalità dei maestri liutai e fu proprio Fiorini
a imporlo di nuovo anche grazie a Simone Fernando Sacconi.
Nel 1881 neppure ventenne aveva presentato due sue opere all’Esposizione Musicale di Milano, una mostra concorso inaugurata dalla regina Elena, cui parteciparono
i più importanti liutai del tempo ottenendo una medaglia di bronzo e giudizi lusinghieri della giuria.
Fu in quella occasione che poté vedere alcuni dei cimeli stradivariani che erano stati esposti dal marchese Giuseppe Rolando
Dalla Valle e da sua moglie che li aveva ricevuti in dote alla morte del padre.
Provenivano dalla collezione del conte Cozio di Salabue cui erano stati venduti da Paolo Stradivari, ultimo figlio del grande maestro, e da a allora cercò
in ogni modo di poterli acquistare perché convinto di poter apprendere grazie a loro alcuni “segreti” del sommo maestro.
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I difficili rapporti con il padre lo avevano convinto ad aprire una
sua bottega in via Santo Stefano e quindi in corte de Galluzzi sempre a Bologna ma vi rimase poco tempo perché nel 1888 ( dopo il buon successo a Parigi nel 1886) ed anche grazie all’affermazione all’Esposizione di Bologna la
grande manifestazione musicale e liutaria tenutasi nella sua città, in quell’anno, avendo conosciuto il più grande liutaio bavarese Andrea Riegher, decise di accettare la sua proposta e di trasferirsi a Monaco di Baviera.
In breve tempo si affermò ottenendo la ammirazione dei liutai e dei musicisti tedeschi , sposò la figlia del Riegher e costituì con lui una ditta di articoli musicali di grande successo. Malgrado fosse straniero,
ricoprì incarichi importanti sia riguardo alla valutazione degli strumenti, sia per il rilascio della patente ai giovani liutai che volevano intraprendere il mestiere di liutaio e fu anche nominato presidente della associazione Esperti di liuteria.
I suoi strumenti erano moto apprezzati e ben valutati soprattutto dopo il successo ottenuto nel 1911 al Concorso di Torino, ma gli veniva riconosciuta anche una grande competenza sulla costruzione, sul restauro e sull’expertise
degli strumenti ad arco ed era considerato pioniere della liuteria moderna e seguace della tradizione classica cremonese e del metodo stradivariano.
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Riuscì nel 1920, pur indebitandosi pesantemente, ad acquistare
i cimeli , grazie anche al fatto che la marchesa della Valle aveva preferito la sua offerta pur inferiore ( cento mila lire rispetto alle 120 mila di possibili compratori statunitensi) piuttosto di farli uscire dall’Italia acconsentendo
ad accettare anche solo un acconto del 20% e che le restanti 80 mila lire le fossero consegnate quando fosse stato in grado di recuperarle.
Un altro dei suoi desideri più grandi e per cui si battè
per tutta la vita era quello di far nascere una scuola di liuteria anche grazie ai suoi cimeli ma Firenze, Roma e Cremona per vari motivi rifiutarono.
La malattia agli occhi che lo aveva reso quasi cieco quando si trovava in
Svizzera, dove si era trasferito sia per questioni di salute sia per il fatto che sua moglie era ebrea, lo convinse ad abbandonare il suo sogno e a donare comunque a Cremona i suoi cimeli anche grazie ai buoni uffici di Illemo Camelli, direttore
del museo civico, e di Pietro Anelli industriale dei pianoforti.
Farinacci che in gran segreto meditava la organizzazione delle grandi manifestazioni del Bicentenario Stradivariano non poteva permettersi di bruciarsi acconsentendo alla
nascita della scuola sette anni prima del grande evento ma riuscì ugualmente ad ottenere nel 1930 i cimeli di Stradivari.
Si trattava di 1.303 cimeli composti da 895 modelli di cui 475 di carta e 410 di legno con
le forme e le controforme, 13 in madreperla, 46 utensili in ferro 8 sigilli in cera quindi lettere, manoscritti,disegni, etichette, carte di misure. Grazie ad essi Cremona ha potuto tornare in possesso di materiale dal valore inestimabile sia
economico, che storico e liutario.
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Il 26 ottobre 1930 , 4 anni prima della sua morte avvenuta a Monaco di Baviera, e sono passati ben 88 anni da allora, quando avvenne la cerimonia di consegna malgrado la presenza a Cremona dei fratelli
Hill, del direttore del conservatorio di Zurigo, della violinista Protto e la partecipazione del podestà, del prefetto, del presidente della provincia e del questore a Fiorini fu data una semplice pergamena e anche il “ Regime fascista”
del 28 ottobre ( poiché il 27 non era uscito) relazionò solo brevemente riguardo alla cerimonia cui Farinacci non aveva partecipato accampando scuse inesistenti.
Se allora era comprensibile anche se
non giustificato tale atteggiamento perché si voleva far nascere la scuola solo dopo le grandi manifestazioni in onore a Stradivari e alla scuola classica cremonese, e a conclusione di esse, incomprensibile appare invece oggi il fatto
che dopo ottantottoanni Cremona non senta il bisogno di dedicare al grande maestro liutaio Giuseppe Fiorini una statua, una piazza, una via per ricordare un grande personaggio che ha dedicato la sua via a Stradivari, alla liuteria ai cimeli di Stradivari
donati proprio a Cremona e custoditi nel Museo del Violino.
Da sottolineare il fatto che due associazioni liutarie si battono da anni per ottenere questo riconoscimento e che abbiano raccolto adesioni e firme di centinaia
di cittadini cremonesi come prevede il regolamento Comunale e richiede la Commissione Toponomastica ma anche centinaia di firme di esperti, di liutai, di collezionisti, di musicisti, di studenti di liuteria, di amanti della liuteria di tutto il
mondo.
Forse c’è da attendere altri 12 anni per celebrarne il centenario?